La moda si tinge di green

Come si sta muovendo il fashion system negli anni della pandemia, delle guerre e della crisi climatica?

Se ci limitassimo a osservare l’inserimento di bollini green applicati a jeans e magliette potremmo pensare che l’industria della moda stia avanzando rapidamente verso una maggiore sostenibilità ambientale e un sistema di produzione circolare. In realtà non è cosi.

I termini “sostenibile”, “ecologico” e “naturale” sono sempre più in voga, dalla moda al cibo. Non sorprende che ciò avvenga in un momento in cui siamo tutti più consapevoli di ciò che acquistiamo.

In particolare, il crescente interesse per la sostenibilità da parte dei consumatori Millennial e Gen Z, unito all’aumento del loro potere d’acquisto, sta influenzando le aziende a prenderne atto.

Tuttavia, invece di diventare veramente ecologici, alcuni marchi stanno prendendo la strada del greenwashing. Per gli appassionati di moda è già abbastanza difficile orientarsi nel labirinto del greenwashing, quindi è naturale che i consumatori di tutti i giorni siano confusi!

Che cos’è il greenwashing?

In poche parole, il greenwashing è una tattica che le aziende utilizzano per “apparire” più sostenibili di quanto non siano in realtà.

Ciò può significare fare affermazioni false sulle pratiche di produzione ecologica o anche essere volutamente vaghi con i fatti.
Il termine esiste dagli anni ’60, ma l’ambientalista americano Jay Westerveld lo ha reso popolare nel 1986.

In Italia, nel settore della moda, esiste un alto rischio di greenwashing per molte aziende, che tendono a sopravvalutare il loro impegno nella sostenibilità.

Oggi in Italia, secondo un rapporto di Cikis Studio, società di consulenze sulla sostenibilità nel settore della moda,  il 99% delle aziende di moda investe in sostenibilità o ha intenzione di farlo, a conferma che una svolta green è sempre più richiesta e apprezzata.

Attenzione però: circa il 60% delle aziende ha una percezione del proprio impegno green che non corrisponde proprio alla realtà.

Di queste, il 22,1% mostra una pericolosa tendenza a sopravvalutare il proprio impegno green. Per queste aziende c’è un alto rischio di greenwashing, dovuto alla sopravvalutazione della rilevanza delle pratiche implementate.

Se da un lato aumentano infatti le aziende che investono in scelte green, dall’altro diminuiscono quelle che si trovano a un livello avanzato di sostenibilità (-15,2% rispetto al 2021).

Tra gli elementi considerati importanti, la scelta dei materiali: il 48% delle aziende ha introdotto o incrementato l’utilizzo di materiali a ridotto impatto ambientale o che tutelano i diritti sociali. Solo il 16,8% di queste, però, li ha integrati per più del 75% sulla collezione totale. Purtroppo sembra ancora poco sentita l’importanza del riciclo e dell’economia circolare, che solo il  7,4% delle aziende indica come prioritaria.

Pochissime le aziende (2%) che investono nella compensazione delle emissioni, mentre per quanto riguarda la tutela dei lavoratori e welfare aziendale si registra un incremento del 66,7% rispetto al 2021. 

Perché i marchi fanno greenwashing?

Poiché la sostenibilità diventa sempre più di moda e tutti noi cominciamo a interessarci di più, i marchi vogliono salire sul carro dei vincitori.

È comprensibile che i grandi marchi della moda vogliano sfruttare questo vantaggio competitivo e attirare un maggior numero di consumatori desiderosi di fare acquisti consapevoli.

Ma nessun marchio può diventare verde da un giorno all’altro; ci vogliono tempo e risorse per integrare la sostenibilità in tutti gli aspetti di un’azienda.

Piuttosto che occuparsi di integrare realmente la sostenibilità nella loro catena di fornitura, alcune aziende utilizzano tattiche di marketing per dipingere un’immagine più verde.

Inoltre, è stato dimostrato che le aziende ottengono risultati migliori quando ci fanno sentire meglio nei nostri acquisti.

I marchi autentici sono più propensi ad apprezzare la trasparenza e a condividere i loro progressi con i clienti.

A tutti piace credere che i propri soldi, guadagnati con fatica, siano destinati a qualcosa di buono, che si tratti di materiali di qualità e di artigianato o di sostegno alle comunità rurali.

Purtroppo, alcuni marchi che fanno greenwashing sfruttano questa narrativa per trasmetterci gli stessi sentimenti senza apportare cambiamenti reali.

Sostieni il green, non il greenwashing

Il lato positivo di tutto questo? L’aumento del greenwashing dimostra che la sostenibilità sta diventando una vera priorità per i marchi. Anche se in passato siete stati ingannati, non dimenticate che ci sono aziende che si impegnano davvero. Alla fine, il processo di demistificazione del greenwashing vi rende consumatori più consapevoli, e questo è un vantaggio.

Imparare di più sui vestiti che indossiamo è una parte importante del percorso di sostenibilità di chiunque.

In definitiva, vi aiuterà a scoprire marchi migliori i cui valori corrispondono veramente ai vostri.

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Massimo Boyer
Massimo Boyer
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