Comunicare in tempo di crisi da Coronavirus

Riassunto del webinar Comunicare in tempo di crisi da Coronavirus tenuto per noi da Marino Pessina dell’agenzia di comunicazione Eo Ipso.

Comunicazione di crisi: le basi

A molti potrà sembrare banale e scontato, ma dobbiamo partire dalla definizione di crisi. La risposta è alquanto semplice, specie di questi tempi che tutti ne stiamo vivendo una. La crisi è un evento critico caratterizzata da tre aspetti: è eccezionale, è straordinario e a volte è inaspettato.

Eccezionale e straordinario non credo debbano essere spiegati. Ma sull’ultimo punto, cioè il fatto di essere inaspettato, fatemi essere chiaro. Le crisi che scoppiano all’improvviso sono rare e normalmente hanno a che fare con accadimenti di cui proprio nessuno aveva un sentore. Sono i cosiddetti avvenimenti imponderabili, che non lanciano segnali di alcun tipo, come l’attacco alle Torri Gemelle, se vogliamo fare un esempio macroscopico.

Per la stragrande maggioranza delle persone quello è stato proprio un fatto inaspettato. Volendo, invece, fare un esempio sulla vita di un’azienda, una situazione di crisi è, ad esempio, un incendio che ti mette in ginocchio e che non è causato da mancata manutenzione o dall’inesistenza di una seria attività di prevenzione.

Nella stragrande maggioranza dei casi le crisi covano nell’ambiente e nella struttura di un’azienda o di un’organizzazione e si alimentano della demotivazione interna, di un livello scadente o scarso di gestione, di un’inadeguata comunicazione interna. Oppure, prima di scoppiare, le crisi serpeggiano tra i consumatori, magari delusi per la qualità del prodotto/servizio erogato da un’azienda. O, ancora, le crisi scoppiano a seguito di comportamenti o dichiarazioni incaute da parte di componenti della struttura, che evidentemente non sono stati formati e preparati a dovere per gestire al meglio il loro ruolo.

Tutto questo per dire che in tempi di pace e di normalità, le aziende e le organizzazioni farebbero bene a cercare di prevenire le crisi, monitorando la rete e i social, istituendo procedure nel caso scoppi la crisi e formando un comitato di crisi aziendale, che sappia attivare un sistema di audit, analizzare i rischi, monitorare eventuali segnali premonitori che permetteranno di scongiurare la crisi e che sia sempre pronto ad intervenire a supporto dei componenti della struttura aziendale in caso di bisogno. Ma tutto questo, che tecnicamente si chiama crisis management, è un’altra storia.

Comunicare in tempo di crisi da Coronavirus

Stiamo tutti vivendo la crisi provocata dalla pandemia di Coronavirus. Come muoversi e cosa fare per la crisi scoppiata improvvisa per le aziende a seguito della decisione del lockdown, cioè del blocco quasi totale dell’attività economica, lavorativa e sociale?

Perché un mare di aziende, organizzazioni, professionisti, artigiani, ecc. si sono trovati nel bel mezzo di una crisi inaspettata a dover gestire le domande che arrivavano dall’interno, cioè da dipendenti e collaboratori, su cosa fare e perché, e dall’esterno, cioè dai clienti, che volevano continuare ad avere i prodotti/servizi. E poco importa se ci si è trovati nella decisione di dover chiudere o di dover tenere aperti: in entrambi i casi ci si è trovati a fare i conti con le aspettative e la ricerca di informazioni e spiegazioni che venivano dall’interno e dall’esterno.

E così siamo arrivati a definire i due piani che vedono impegnata un’azienda o un’organizzazione in caso di crisi: quello interno e quello esterno. E che, in entrambi i casi, hanno a che fare con la comunicazione. Perché la comunicazione è l’elemento chiave di un sistema di gestione della crisi e assolve alla funzione di tutelare la reputazione dell’azienda o dell’organizzazione per il momento accontentavi di questa affermazione:

churchill

In altre parole, di fronte alle cose che accadono, soprattutto di fronte a una crisi, stare zitti è la scelta sbagliata.

Pensiamo a quello che è accaduto in un’azienda che, dalla sera alla mattina per via dell’emergenza sanitaria ha dovuto chiudere. E magari mettere i dipendenti in cassa integrazione. Col fatto che quell’azienda, come del resto la maggior parte degli imprenditori italiani, si sia immediatamente ritrovata totalmente impegnata a resistere per non morire, può anche sembrare comprensibile che non abbia avuto il tempo di pensare alla comunicazione. E, invece, proprio in questo momento la comunicazione è più essenziale che mai. Perché con i tuoi dipendenti cosa fai? Non dici nulla? Li lasci a casa a bollire nell’incertezza o, magari, a incattivirsi di una rabbia crescente perché pensano che stai prendendo le decisioni sbagliate?

Di contro, pensiamo ad un’azienda in cui si è dovuto andare avanti a lavorare, o per obbligo (perché si tratta di un servizio essenziale che non può essere bloccato) o per scelta. A te – imprenditore o manager – dal momento che sei impegnato a pensare a come organizzarti per garantire il distanziamento sociale e nel contempo il lavoro e, inoltre, sei alla disperata ricerca di dispositivi di protezione individuale che non si trovano e che costano un occhio della testa. La comunicazione ti sembrerà proprio l’ultima cosa a cui pensare. E, invece, anche in questo caso, proprio in questo momento la comunicazione è più essenziale che mai. Perché con i tuoi dipendenti cosa fai? Non dici nulla? Li lasci nell’incertezza e nella paura per la loro salute e per quella dei familiari che hanno a casa? Li lasci a mugugnare, magari col rischio che poi in molti si mettano in malattia, perché pensano che li stai obbligando a fare una cosa che non dovrebbero fare?

Gli esempi potrebbero essere decine. E per tutti c’è una sola risposta: comunicare.

Comunicazione di crisi interna

Significa costruire un percorso per socializzare le decisioni adottate, motivandole con un sistema di valori condivisi e di scelte positive per il bene comune.

Bisogna tenere a mente due fattori: il contenuto e il tono di voce.

Gli elementi che definiscono il contenuto li abbiamo citati un attimo fa: rifarsi ad un sistema di valori condivisi e di scelte positive per il bene comune. Riguardo al tono di voce, invece, in questa crisi da Covid-19 si deve esprimere empatia e compassione. Così come in generale, nelle varie situazioni di crisi, si deve sempre riconoscere il problema, facendo capire subito di essere coinvolti dalla crisi e disponibili a fornire informazioni; si deve assumere la propria responsabilità sociale, perché non ammettere le proprie colpe compromette la credibilità dell’organizzazione; si deve dimostrare serietà, comunicando la volontà di approfondire e rimuovere le cause della crisi e gli eventuali provvedimenti correttivi.

Nel primo caso, quella della chiusura forzata e inaspettata, un’idea concettuale che unisce contenuto e tono di voce, potrebbe essere: «Siamo ricorsi alla cassa integrazione, pur sapendo che questo significa per tutti dover accettare una piccola riduzione di stipendio, perché in questo modo possiamo resistere per dei mesi a questo inaspettato lockdown e saremo pronti per ripartire non appena passerà l’emergenza sanitaria». E, ancora: «Siamo in contatto con clienti e fornitori e ci stiamo attrezzando per far fronte comune in questo momento di difficoltà». E, soprattutto, «Stiamo studiando le soluzioni per mettere in sicurezza l’azienda. Faremo quanto prima la sanificazione complessiva. Dobbiamo assolutamente recuperare guanti e mascherine e rivedere procedure di operatività e percorsi interni per rispettare il distanziamento sociale a tutela di tutti noi. Anzi, se avete idee o suggerimenti, sono bene accetti. Perché questo è un momento in cui dobbiamo proprio operare tutti assieme».

Oltre a questo, si deve dare seguito a contatti periodici con i vari dipendenti per tenerli informati sull’andamento della situazione e socializzando anche le difficoltà che si stanno incontrando, ma spiegando sempre cosa si sta facendo e come si intende agire, in modo da non lasciare spazio alle illazioni e alle paure immotivate, ma anche senza illudere nessuno. Perché un’illusione data oggi, è una grana da gestire domani.

Venendo, invece, al secondo esempio, quella dell’azienda o del servizio che resta aperto, idee concettuali che uniscono contenuto e tono di voce potrebbero essere: «So che è complicato, ma dobbiamo proprio lavorare perché non ci possiamo permettere di azzerare la produzione, ne va della tenuta economica della nostra realtà. Ma ci organizziamo con tutta una serie di accorgimenti per garantire la sicurezza di tutti noi. Infatti, la prima cosa a cui abbiamo pensato sono i dispositivi di protezione individuale, che vi verranno forniti domattina. E vedremo di stabilire turni di lavoro più flessibili, in modo da ridurre la contestuale presenza di tutti». Ovviamente se questo è possibile e tutto quanto ho ipotizzato è vero: ricordatevi quello che ho detto poco fa rispetto al fatto di non illudere nessuno. Oppure, nel caso di apertura forzata: «Svolgiamo un servizio essenziale e ci è richiesto di fare il nostro dovere a servizio dell’intera collettività. Comprendo che si tratta di un sacrificio per tutti noi, che dobbiamo muoverci da casa quando tutti intorno a noi invitano a non farlo. Ma ci organizziamo con tutta una serie di accorgimenti per garantire la sicurezza di tutti noi, a partire dai dispositivi di protezione individuale».

Gli esempi potrebbero continuare, con riferimento allo smart working, all’utilizzo del tempo per fare formazione o per dedicarsi a quei progetti che nella normalità non si ha il tempo di seguire.

Una volta stabilito cosa comunicare e tracciato il canovaccio di come comunicarlo e come spiegarlo (quindi contenuto e tono di voce), ci si prepara a gestire la comunicazione interna, allenandosi almeno un minimo per prepararsi a rispondere alle domande, anche quelle più difficili, che inevitabilmente arriveranno, e anche a gestire possibili situazioni di tensione.

Le regole da seguire non sono moltissime. E decisamente chiare:

  • Esprimete partecipazione e coinvolgimento
  • Non dite quello che non sapete, dite quando fornirete maggiori informazioni (e rispettate l’impegno!)
  • Identificate al massimo tre concetti chiave
  • Non siate generici (cifre, date, percentuali)
  • Siate credibili (portate prove a conferma)
  • Siate chiari (non date niente per scontato)
  • Usate paragoni, aneddoti ed esempi concreti

Tenendo infine presente la regola aurea della comunicazione di crisi verso l’interno: occorre fare in modo che ciascuno, all’interno dell’organizzazione e indipendentemente dal ruolo svolto, sappia esattamente cosa dire (e cosa non dire) durante una crisi. Perché una volta avviata la comunicazione interna, è scontato che l’oggetto della comunicazione trapelerà all’esterno.

Questo fatto che le comunicazioni interne prima o poi usciranno, si badi bene, è uno dei punti critici del processo di comunicazione di crisi. È particolarmente delicato nei quattro classici casi di crisi:

  • istituzionali, caratterizzate da scontri tra i vertici, perdita di funzioni, conflittualità con organismi vigilanti;
  • finanziarie, a seguito di bilancio in passivo, crollo in borsa, sfiducia del sistema bancario;
  • “di prodotto” o ”di servizio”, con crollo delle vendite, boicottaggi, richiami di prodotto, incidenti;
  • quelle che screditano i vertici aziendali o il top management, per vertenze giudiziarie, arresti, sfiducia nel loro operato.

In queste quattro classiche situazioni di crisi, i giornalisti andranno alla ricerca delle fonti interne ad un’azienda o un’organizzazione per avere notizie di prima mano, per trovare criticità e punti deboli. Per cui, se tutti non sanno esattamente cosa dire e cosa non dire, o, peggio, se dall’interno trapelano sensazioni di incertezza, confusione e paura, perché non si è spiegata la situazione ai dipendenti, gli effetti della crisi vengono amplificati.

Vale anche per la crisi da Coronavirus che stiamo vivendo. Sia perché dell’informazione del bisogno di un vostro cliente – perché banalmente è trapelato il fatto che non riuscite a consegnargli un dato prodotto – se ne potrebbe avvantaggiare un concorrente. Sia, soprattutto, e se ne sono visti tanti esempi in queste settimane, se una notizia positiva trapela, e magari è una cosa che all’impresa costa uno sforzo e da cui potrebbe ricavare almeno un ritorno in reputazione e in notizie positive rilanciate dai media. Ad esempio la scelta di dare un bonus ai dipendenti che lavorano o anche solo quello di anticipare l’erogazione della cassa integrazione senza aspettare i tempi dell’Inps). Se una notizia positiva trapela, magari viene ripresa solo da un giornale, online o cartaceo che sia, e l’azienda si brucia la possibilità di farci un comunicato stampa o una conferenza stampa via web e portarsi a casa un ritorno di immagine più ampio perché pubblicato da tanti media diversi.

Nei giornali vale la regola del “buco”. Ovvero se un altro giornale dà una notizia, a meno che non ne possano proprio fare meno (notizie davvero importanti), gli altri giornali non pubblicheranno nulla, per non dimostrare di aver preso il “buco”, cioè di non aver avuto quella data notizia, e voler lasciar intendere che quella cosa non l’hanno pubblicata perché non la ritengono importante.

Da questa cosa emerge un’altra regola d’oro della comunicazione di crisi: occorre sempre governare la comunicazione, anche e soprattutto allineando le azioni e i tempi. Si deve parlare contestualmente ai vari pubblici di riferimento, utilizzando tutti i vari canali con una progressione studiata. In sintesi: si parla ai dipendenti (e alle organizzazioni sindacali) e contestualmente si manda la comunicazione ai giornalisti (e si avvisano i propri stakeholder, qualunque essi siano, compresi i principali clienti e i fornitori), subito dopo si esce sul proprio sito internet, quindi sui social.

Ma torniamo alla comunicazione di crisi interna. Fin qui vi ho detto cosa fare. Ora, per tentare essere ancora più chiaro, vi elencherò gli errori da evitare e le frasi da non dire.

Errori da evitare:

  • Non considerare una priorità il dialogo con i dipendenti
  • Dire bugie
  • Nascondere fatti rilevanti o esporli in maniera ambigua
  • Perdere il controllo delle emozioni
  • Individuare un capro espiatorio

Frasi da non dire:

  • Questa non è una crisi
  • La direzione è occupata con altre priorità
  • Ma che cosa volete da noi? (Aggressivo)
  • No comment (se protratto)

Comunicazione di crisi esterna: il caso di Roncadin Spa

Perché comunicare? La comunicazione è l’elemento chiave di un sistema di gestione della crisi e assolve alla funzione di tutelare la reputazione dell’azienda o dell’organizzazione.

Quando scoppia una crisi, l’unica realtà della crisi è quella percepita come vera dai pubblici di riferimento. Ora vi porto un esempio pratico, che dovrebbe aiutarvi a comprendere meglio il senso di quanto sto dicendo.

A Meduno, in Friuli, c’è Roncadin Spa, un’azienda che produce pizze surgelate. 26mila metri quadrati di stabilimento, 6 linee produttive, oltre 500 dipendenti e una produzione di circa mezzo milione di pezzi al giorno. In parte a marchio loro, ma soprattutto private label, cioè per le insegne della grande distribuzione organizzata. Quasi tutte quelle italiane e molte straniere. Ebbene, alle 5:30 di mattina venerdì 22 settembre 2017 scoppia un incendio (si scoprirà poi per cause assolutamente accidentali senza alcun tipo di colpa da parte dell’azienda).

Si parte subito a comunicare. Prendiamo il centro della scena, diamo noi le notizie ai media evitando che girino voci incontrollate (quindi chiariamo subito che non ci sono feriti). E mentre i vigili del fuoco sono al lavoro arrivano le prime telefonate della Coop, dell’Esselunga, persino della potente Migros svizzera: vogliono sapere come va? In parte sì. Ma soprattutto vogliono essere certi che non smetteranno di ricevere la merce. «Tranquilli, i magazzini non sono stati toccati, abbiamo un mese di ordinativi pronti». Insomma, tranquillizziamo e nel frattempo ci attrezziamo per gestire la crisi di comunicazione vera, che arriverà una volta spente le fiamme. E, infatti, alle 03:30 di sabato 23 settembre, 19 ore dopo lo scoppio dell’incendio, il quotidiano regionale di riferimento, il Messaggero Veneto, pubblica online «…quel che resta dell’azienda…». Immaginatevi l’imprenditore: «Qui perdo tutti i clienti». E, in effetti, se io fossi un cliente e quello che vedo è che l’azienda non c’è più, passerei la produzione delle mie pizze a qualcun altro.

roncadin

Ma la realtà non è quella. 4 linee produttive sono bruciate, vero. Ma le due più moderne e veloci, nel capannone vicino, non hanno subito danni. Certo: vanno sanificate, e non è uno scherzo. Ma come gestire la comunicazione di crisi l’abbiamo deciso poche ore prima.

Così parte la comunicazione verso tutti i dipendenti con l’hastag «RoncadinRiparte» e la richiesta di disponibilità a lavorare su più turni, anche di notte, 7 giorni su 7. Convochiamo i giornalisti per le 12,30, attiviamo la data room in cui mettere in tempo reale, per i giornalisti, tutte le informazioni, i comunicati, le fotografie, i video. In conferenza diciamo solo tre cose: 1) la prima conta dei danni, 2) che ci stiamo già organizzando per ripartire 3) che l’indomani mattina (domenica) li faremo entrare a vedere l’azienda e le prime opere di sanificazione che sono in corso. Prendiamo in mano una pagina dedicata sul sito Roncadin e i social dell’azienda, postiamo di continuo, facciamo video, foto. Attiviamo un presidio aperto 24 ore per i dipendenti e per la stampa. Mandiamo aggiornamenti 2 volte al giorno a clienti e fornitori.

Morale: già nel primo pomeriggio di sabato il tenore cambia: diventiamo virali e superiamo le 30mila visualizzazioni ai post con migliaia di interazioni di gente che ci dice «forza!», «dai!». Rispondiamo ad uno ad uno, anche solo con un like, e lo faremo per tutto il mese successivo (in realtà ancora adesso, ma in quei giorni pubblichiamo una media di 10 post al giorno). E sui media, il giorno dopo, la musica cambia completamente.

A quel punto è stato tutto facile, soprattutto grazie all’operosità dei friulani, che in meno di 4 giorni hanno riattivato le due linee superstiti e si sono messi a produrre 24 ore su 24. Certo, ci sono stati passaggi da presidiare con attenzione, ma siamo arrivati a fare la festa un anno dopo l’incendio, con la fabbrica che è a pieno regime. E senza un solo cliente perso.

E a cosa sia servita la comunicazione di crisi, l’ha testimoniato il Sole 24 ore con un pezzo di mercoledì 27 settembre 2017:

comunicare in tempo di crisi il sole 24 ore

La parte del leone nella vicenda Roncadin l’hanno fatta i lavoratori, l’azienda, gli operai. Anche senza comunicazione, la fabbrica sarebbe ripartita lo stesso. Ma senza comunicazione, probabilmente, avrebbe perso una marea di clienti; i competitor che hanno provato ad attaccarla avrebbero avuto vita più facile e, forse, tutto quello che è stato creato in comunicazione spiega come mai gli inquirenti, la procura, i vigili del fuoco e persino quelli dell’assicurazione sono stati così veloci.

Perché è importante pensare alla comunicazione in tempo di crisi da Coronavirus?

Comunicare in tempi di crisi vuol dire mettere un argine al disastro che la crisi ha fatto partire. Pensate ad un’azienda che in questo momento è chiusa e, in più, si chiude in sé stessa. Non parla, sparisce dai radar. Se non comunica ai suoi clienti che è in grado di dare un prodotto o un servizio – già adesso o il giorno dopo la fine del lockdown – è altissima la possibilità che il suo cliente acquisti quel prodotto servizio dai tanti che stanno comunicando di averlo disponibile. E così un’altra tessera di quel domino è caduta, perché si è perso dell’altro fatturato.

Tutti, ma soprattutto le piccole imprese, se non comunicano quello che stanno facendo, le prospettive di ripartenza, le modalità con cui si stanno attrezzando e organizzando, rischiano di restare alla mercé delle voci incontrollate che potrebbero girare su di loro. Perché l’affermazione «quello lì non ce la fa mica a ripartire, o a riaprire l’attività», ci mette un attimo a diffondersi, specie sulla rete. E così l’azienda, l’artigiano, il commerciante che sta zitto, si incammina sulla strada che lo porterà a diventare un’altra vittima del Coronavirus.

E stando all’oggi, c’era (e c’è) un motivo in più per comunicare durante questa crisi da Covid-19: fare un passo nella direzione della speranza e mettere in atto azioni, anche semplici, anche di poco conto, ma nell’ottica del mutuo soccorso.

Due facili esempi:

  • socializzando le proprie difficoltà, si condividono le possibili soluzioni. «Sono tre giorni che non riesco a erogare il servizio perché non trovo le mascherine. Oggi, finalmente, sono pronto a portarvi a casa la mia pizza perché le mascherine le ho acquistate in quel posto lì». Mi ha dato due informazioni, ci consegna a casa la pizza e dove posso trovare le mascherine. E gli sono così grato, che supero la mia diffidenza sulle consegne a casa e ordino la pizza per tutti;
  • comunicando sé stessi.

Su contenuto e tono di voce valgono le stesse cose che ci siamo detti parlando della comunicazione interna (quindi essere chiari ed esaurienti, dimostrare partecipazione, non dire bugie). Anche della progressione nell’uso di strumenti e mezzi: si parla ai dipendenti (e alle organizzazioni sindacali) e contestualmente si manda la comunicazione ai giornalisti (e si avvisano i propri stakeholder, qualunque essi siano, compresi i principali clienti e i fornitori), subito dopo si esce sul proprio sito internet, quindi sui social. Il tutto nell’arco di poche ore. Ma solo dopo aver preparato i famosi primi tre messaggi chiave.

E se la crisi riguarda solo te, tu devi essere il primo a comunicare. Non aspettare di subire la comunicazione fatta da qualcun altro, che proprio non può sapere come stanno effettivamente le cose e rischia di fornire una visione della realtà distorta (ricordate il «…quel che resta dell’azienda…»)?

Chiudiamo con un’idea degli errori da evitare in comunicazione esterna.

Errori da evitare:

  • Ritenere che i mass media e i social media non se ne occuperanno
  • Non essere i primi a comunicare
  • Non farsi trovare dai giornalisti
  • Non monitorare quello che si dice nella rete
  • Usare un tono difensivo o aggressivo
  • Parlare per non far capire, usando il cosiddetto “tono tecnico di rifugio”, cioè burocratico, giuridico, finanziario, comunque settoriale
  • Dire bugie
  • Perdere il controllo delle emozioni
  • Dimenticarsi di uniformare la pubblicità e i post già programmati alla nuova situazione, bloccandoli e preparandone di nuovi con il giusto contenuto e le giuste immagini

Eccovi il video integrale del webinar:

Marino Pessina
Marino Pessina
Articoli: 4