Non esistono i “motivatori”, ma motivazioni ed emozioni

Sebbene le finalità di un percorso di coaching siano effettivamente quelle di “accompagnare” le persone/le aziende verso il raggiungimento di obiettivi sfidanti, attraverso la realizzazione di piani d’azione efficaci, il punto di partenza non è il “motivatore”, ma sono le motivazioni! Complicato?

Che sia davanti ad una buona birra durante una cena con amici, in ambienti più formali, o addirittura in famiglia, mi capita spesso di dover raccontare in che cosa consiste il mio lavoro di Coach professionista. Spesso la figura del coach viene associata a quella di un “motivatore” in grado di spronare le persone verso il raggiungimento di obiettivi e performance di alto livello, attraverso frasi ad effetto e grazie alla formula magica: “Yes, You Can!”

L’importanza delle motivazioni

Iniziamo dalla parola stessa: “motiv-azione”, il motivo che ci spinge all’agire.

Ciò che ci spinge a compiere un’azione è il desiderio di soddisfare un bisogno, inteso come squilibrio tra la situazione presente e quella desiderata. Le persone agiscono non perché qualcuno chiede loro di farlo, ma in quanto percepiscono questo disequilibrio e sono, di conseguenza, “auto-motivate” ad agire: ho fame (bisogno)…cerco cibo (azione), mi sento solo (bisogno) chiamo un amico (azione), non sono soddisfatto del mio lavoro (bisogno)…ne cerco un altro (azione).

I fattori che entrano in gioco nella percezione di un bisogno sono molteplici e in questa tensione tra equilibrio/disequilibrio le emozioni hanno un ruolo determinante: la ricerca di esperienze positive, il coinvolgimento in ciò che facciamo, il significato che attribuiamo alle nostre azioni, la nostra realizzazione personale e il bisogno di creare relazioni positive sono i pilastri sui quali poggia la costruzione del nostro benessere.

Negli anni ’60, un professore dell’università di Yale, Victor Vroom, propose un’interessante teoria riguardo ai fattori che spingono le persone ad agire. Il suo punto di partenza fu una semplice domanda: “Perché le persone lavorano?

Potremmo semplicemente rispondere “per pagare il mutuo!” (valenza economica). Tuttavia, sebbene questa sia una risposta decisamente valida, finiremmo con il trascurare gli elementi, sopracitati, che costituiscono le fondamenta della nostra “casa-benessere”.
Vroom ipotizzò come la forza motrice delle nostre azioni dipenda da tre elementi:

  • Aspettativa: la credenza che un certo sforzo produrrà un risultato.
  • Valenza: il valore che viene assegnato alla ricompensa (in senso lato) che si otterrà in seguito al lavoro svolto.
  • Strumentalità: la convinzione circa le reali possibilità di ottenere la ricompensa.

Credenza, valore assegnato, convinzioni, sono parole che riportano a motivazioni intrinseche, che richiamano a sé i concetti di competenza/abilità e sforzo. Quali sono gli sforzi che siamo disposti a mettere in campo, considerando le nostre abilità, al fine di raggiungere/soddisfare una nuova condizione di equilibrio/bisogno?

Nell’ambito della fisica, una delle prima formule che ci vengono insegnate è quella relativa alla Velocità, al Tempo e allo Spazio. Una delle sue immediate applicazione è la seguente: Spazio = Velocità x Tempo. Data una certa velocità di crociera, maggiore è il tempo che abbiamo a disposizione più lontani arriveremo (in questo momento ho visualizzato le Maldive!).

Martin Seligman (uno dei padri fondatori della psicologia positiva), partendo da questa semplice relazione ci aiuta a tracciare un’altra importante equazione, applicabile nel campo delle motivazioni: RISULTATI = ABILITÀ X SFORZO

Possiamo paragonare le nostre abilità (competenze, velocità di apprendimento, padronanza…) alla velocità e lo sforzo (grinta, carattere, tenacia, resilienza, tempo dedicato…) al tempo. Maggiori sono le abilità e lo sforzo che mettiamo in campo, maggiori saranno i risultati (lo spazio) che potremmo raggiungere.

A parità di risultato atteso, maggiori saranno le abilità, minore sarà lo sforzo richiesto per raggiungere quel risultato e così via (lascio a voi il piacere di applicare tutte le possibili formule inverse!).

Ciò che conta è che non è possibile raggiungere alcun risultato se uno dei due fattori a destra dell’equazione è nullo!

C’è un aspetto positivo in tutto questo: abilità e sforzo sono fattori che possono essere riportati nella sfera del nostro controllo. Le abilità possono essere incrementate (attraverso la formazione, l’esperienza, la pratica, lo studio…) e la quantità di sforzo possiamo deciderla in funzione della nostra motivazione. Quando le nostre motivazioni sono supportate da emozioni ci verrà abbastanza naturale lavorare su abilità e sforzo per raggiungere il nostro obiettivo. Adoro le formule matematiche semplici!

Trasportando queste teoria in un ambito aziendale quali sono le implicazioni? Credo sia responsabilità di ciascun Leader costruire ambienti di lavoro che facilitino la condivisione di uno scopo comune, il coinvolgimento, lo sviluppo di abilità (penso ai tagli nella formazione!) e la diffusione di una cultura positiva che faccia fiorire emozioni in grado di sostenere le motivazioni. Sono i “gruppi cooperativi”, come suggerisce lo stesso Darwin nella teoria dell’evoluzione della specie, che saranno destinati a prosperare e non quelli in cui viene sollecitata una continua competizione interna.

Non esistono i “motivatori”, esistono le motivazioni!

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Andrea Rabolini
Andrea Rabolini
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